Marina Zannella
“Sapienza” Università degli Studi di Roma
I profondi mutamenti sociali intervenuti negli ultimi cinquanta anni hanno contribuito al cambiamento della struttura e dell’organizzazione familiare così come alla maggiore complessità delle traiettorie di vita individuali. Tra questi cambiamenti uno ha rappresentato una vera e propria “rivoluzione silenziosa” (Goldin 2006): l’entrata massiva delle donne nel mercato del lavoro. Cosa è accaduto dopo questa rivoluzione? Il nuovo ruolo della donna nel mercato del lavoro ha alterato l’assetto dello stato sociale dell’ “epoca d’oro” basato su due principali pilastri: il lavoro retribuito, sicuro ed ininterrotto, dell’uomo e quello di cura della donna all’interno della famiglia. L’affermarsi del lavoro della donna anche al di fuori delle mura domestiche ha quindi contribuito alla graduale erosione dei fondamenti dello stato sociale, così come conosciuti a partire dal secondo dopoguerra, e all’emergere di nuove problematiche relative alla conciliazione lavoro-famiglia. Numerose sono le questioni sollevate dalla spesso difficile conciliazione tra tempi dedicati al lavoro e alla famiglia, cui gli studiosi e i policy maker hanno cercato di trovare risposta, tra cui: il “doppio carico” di lavoro derivante da responsabilità familiari e professionali sottrae tempo libero alle famiglie, ponendole sotto pressione? Questo doppio carico lavorativo è equamente diviso tra uomini e donne o dà luogo a significative diseguaglianze di genere nel tempo libero a disposizione e nelle possibilità di usufruirne? Dare una risposta a queste domande è di importanza fondamentale per la nostra società caratterizzata da invecchiamento della popolazione e bassa fecondità. Gli individui e le famiglie si trovano sempre più spesso, infatti, a dover affrontare difficili scelte e compromessi tra lavoro, carriera ed il raggiungimento di obiettivi professionali, da un lato, e le proprie aspettative e desideri circa la formazione della famiglia, le sue dimensioni ideali e le tempistiche per il raggiungimento di questi traguardi di vita, dall’altro. Un’ insufficiente o inadeguata risposta delle istituzioni agli elevati costi in termini di tempo derivanti dalla combinazione di impegni familiari e lavorativi può comportare considerevoli perdite per gli individui e la società nel suo insieme, come ad esempio una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro o la riduzione e posticipazione delle nascite.
I dati della rilevazione “Uso del Tempo” condotta dall’Istat all’interno del sistema integrato dell’Indagine Multiscopo sulle Famiglie rappresentano un importante strumento per analizzare l’organizzazione dei tempi di vita quotidiani e le loro variazioni a seconda delle caratteristiche individuali e familiari. I dati sull’uso del tempo sono raccolti attraverso un diario giornaliero dove gli individui riportano ad intervalli regolari di 10 minuti la principale attività svolta, l’eventuale svolgimento di un’attività contemporanea a quella principale, il luogo e con chi è stata svolta tale attività. Il diario giornaliero viene compilato all’interno di uno stesso giorno da tutti i membri della famiglia di età superiore ai tre anni; ovviamente, per i bambini fino a 10 anni il diario può essere compilato da uno dei genitori. Le famiglie campione di ciascun comune vengono suddivise in tre gruppi di uguale dimensione, a ognuno dei quali viene assegnato in maniera casuale uno dei seguenti giorni di compilazione del diario: lunedì-venerdì, sabato o domenica; è quindi possibile ottenere le stime dell’uso del tempo relativamente ad un giorno feriale o a un giorno festivo, è inoltre possibile ottenere le stime per un giorno “medio” della settimana attraverso l’utilizzo di appositi pesi campionari. Oltre al diario giornaliero, viene compilato anche un diario settimanale dalle persone di 15 anni e più che svolgono un’attività lavorativa. Infine, vengono raccolte informazioni di carattere socio-demografico su tutti i componenti della famiglia attraverso un questionario individuale.
L’indagine Uso del Tempo costituisce dunque una preziosa fonte di informazione per studiare i tempi di vita individuali, nonché quelli familiari ed importanti tematiche di genere come ad esempio la divisione del lavoro all’interno della coppia (si veda, a titolo esemplificativo, Istat 2006). Questi dati possono inoltre essere utilizzati in un’ottica comparativa dato che l’indagine, seppur non sempre in maniera regolare, viene condotta in numerosi paesi europei e non solo. Un recente studio ha analizzato con riferimento all’Austria, l’Italia e la Slovenia il carico di lavoro complessivo per gli uomini e donne appartenenti a diversi gruppi di età sviluppando un indicatore per misurare la durata e l’intensità delle rush hours of life (RHOL), letteralmente l’ora di punta della vita (Zannella, Hammer, Prskawetz & Sambt 2018). L’indicatore viene calcolato assumendo che 8 delle 24 ore giornaliere siano utilizzate dormendo; le rimanenti 16h possono quindi essere utilizzate per attività lavorative (che includono lavoro retribuito, familiare, istruzione) e tempo libero che può essere utilizzato per attività ricreative o per la cura della persona (incluso dormire sopra le 8h). L’indicatore RHOL viene calcolato per sesso ed età come il rapporto percentuale tra tempo di lavoro e le 16h di tempo libero disponibile. L’ora di punta della vita, in cui il tempo di lavoro supera il tempo libero, viene identificata in corrispondenza di valori dell’indicatore superiori al 50%.
I risultati relativi all’indicatore evidenziano la presenza di una importante similitudine tra i paesi oggetto di studio per i quali l’ora di punta della vita è concentrata tra i 25 e i 54 anni. Tuttavia, l’analisi comparativa dell’indicatore mette in evidenza anche l’esistenza di significative differenze tra i tre paesi. In Austria l’ora di punta della vita ha inizio già a partire dai venti anni, a causa dell’elevata diffusione del lavoro part-time tra giovani e studenti. L’eccesso di lavoro sul tempo libero è particolarmente visibile tra i 30 ed i 49 anni, ovvero nella fase della vita in cui generalmente gli individui combinano responsabilità di tipo lavorativo e familiare. Inoltre, non sono presenti significative differenze tra uomini e donne austriaci nella durata e nell’intensità delle rush hours of life. Differentemente, In Italia ed in Slovenia, a causa della prolungata transizione all’età adulta da parte dei giovani, valori del RHOL superiori al 50% vengono registrati, mediamente, a partire dai 25-29 anni (fatta eccezione per gli uomini italiani per i quali l’ora di punta della vita inizia dopo, a partire dai 30 anni). Al contrario di quanto accade in Austria, in entrambi i paesi l’indicatore evidenzia la presenza di considerevoli differenze di genere: l’ora di punta della vita in media è più prolungata per le donne che per gli uomini, con una differenza di dieci anni in Italia e cinque in Slovenia. Le donne sono più svantaggiate anche in termini di intensità del fenomeno: i valori dell’indicatore raggiungono un massimo di 54% per gli uomini italiani tra i 45-49 anni e di 57% tra i 40-45 anni per quelli sloveni, mentre raggiungono il 59% per le donne italiane nel gruppo di età 45-49 e 63% per le slovene tra i 30-24 anni. Occorre notare inoltre come l’ora di punta della vita sia particolarmente intensa per le donne slovene tra i 30 ed i 49 anni, per le quali il valore dell’indicatore supera la soglia del 60% attestandosi così al livello più elevato.
La spiegazione per queste differenze è probabilmente da ricercare nel diverso assetto istituzionale e nelle norme sociali relative ai ruoli di genere prevalenti nei tre paesi. In Austria le politiche sociali supportano attivamente le donne nell’ assumere le principali responsabilità familiari nonché la loro partecipazione al mercato del lavoro, attraverso interventi volti ad assicurare lunghi periodo di congedo genitoriale per le madri nonché incentivi di tipo finanziario e fiscale. In Italia le responsabilità di cura sono affidate principalmente alla famiglia, e implicitamente alle donne, ma con un supporto minimo o in alcuni casi assente da parte dello stato. Nel contesto del nostro paese dunque, la bassa diffusione del lavoro femminile retribuito così come l’elevata diffusione del modello familiare male bread-winner possono rappresentare, almeno in alcuni casi, delle strategie messe in atto dagli individui e dalle coppie per sopperire alla difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Infine, in Slovenia, l’elevata uguaglianza tra uomini e donne in termini di partecipazione al mercato del lavoro, frutto dell’eredità storica del paese, non trova un corrispettivo all’interno delle mura domestiche dove le donne svolgono la maggior parte dell’attività di cura sopportando dunque un doppio carico di lavoro (nel mercato e all’interno della famiglia).
Attraverso lo studio dei dati sull’uso del tempo, ed in particolare attraverso la comparazione tra paesi ma anche attraverso l’analisi dell’evoluzione temporale dei comportamenti ad esso relativi, è possibile dunque ricavare informazioni rilevanti ai fini della formulazione di politiche volte a facilitare la conciliazione dei tempi di vita, spesso in conflitto, derivanti dai diversi ruoli sociali ricoperti dagli individui. Al fine di favorire e migliorare la comparabilità di questi dati, Eurostat ha pubblicato nel 2000 le linee guida per produrre indagini armonizzate sull’uso del tempo in Europa (Harmonised European Time Use Survey, HETUS). Le linee guida sono state successivamente aggiornate (Eurostat 2009), sono inoltre stati resi disponibili dati uso del tempo armonizzati per 15 paesi europei con riferimento a indagini svolte in un periodo compreso tra il 1998 ed il 2005. Un’altra importante fonte armonizzata di dati uso del tempo è costituita dal Multinational Time Use Survey (MTUS), inizialmente sviluppato da Jonhathan Gershuny e Sally Jones a metà degli anni ’80, è attualmente la più ampia fonte di dati armonizzati sull’uso del tempo con dati relativi a indagini svolte in 25 diversi paesi negli ultimi 50 anni (dagli anni ’60 al primo decennio del 2000). HETUS e MTUS rappresentano due rilevanti sforzi di armonizzazione ex-post dei dati uso del tempo e costituiscono, indiscutibilmente, delle preziose risorse in termini di informazione. Tuttavia l’assenza di regolarità con cui queste rilevazioni vengono condotte in molti paesi e la presenza di differenze nella struttura dell’indagine anche a livello europeo, non agevolano un’analisi più approfondita di questi dati che possa fornire informazioni alle istituzioni più complete ed efficaci.
Referenze
Goldin C. (2006). The quiet revolution that transformed women’s employment, education, and family. American economic review, 96(2), 1-21
Eurostat (2009). Harmonised European time use surveys. Luxemburg: Publications Office of the European Union
Istat (2016). I tempi della vita quotidiana. Statistiche report, 23 Novembre
Zannella M., Hammer B., Prskawetz A., Sambt J (2018). A quantitative assessment of the rush hours of life. European Journal of Population. On-line first article, https://doi.org/10.1007/s10680-018-9502-4