Isabella Morlini e Maristella Scorza
Università di Modena e Reggio Emilia.
In questi ultimi decenni l’intensificazione della ricerca sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) ed, in particolare, sulla Dislessia Evolutiva (DE), ha prodotto anche in Italia un buon livello di consenso tra le principali associazioni clinico-scientifiche interessate allo studio dei DSA (Consensus Conference, 2007). Nonostante la natura complessa e variegata di questa particolare categoria nosografica, è stato infatti possibile trovare un accordo su numerose questioni cliniche: da una loro precisa definizione, al riconoscimento della loro natura neurobiologica, alla eterogeneità sul piano funzionale ed evolutivo della loro espressione. Restano, tuttavia, ancora parecchi punti controversi o in attesa di una maggiore chiarificazione, in particolare sull’interpretazione dei risultati delle procedure diagnostiche utilizzate per l’identificazione della DE.
La DE consiste in un disturbo di automatizzazione delle procedure di transcodifica dei segni scritti in corrispondenti segmenti fonologici ed emerge all’inizio del processo di scolarizzazione in soggetti che non abbiano patologie o traumi a cui riferire il deficit. Recentemente sono stati raccolti numerosi dati per esplorare la natura della DE in modo analitico. Tali dati indicano come in condizioni normali l’automatizzazione dei processi di transcodifica si realizzi in tempi estremamente brevi (già nel secondo anno di scuola primaria) soprattutto per i bambini che devono imparare un’ortografia regolare e “trasparente” come quella italiana, e come viceversa essa tardi a raggiungere un plateau nei dislessici ancora al termine della scuola secondaria
Considerata la persistenza del deficit di automatizzazione caratterizzante la dislessia evolutiva, che in molti casi sia pure in forma compensata tende a protrarsi fino all’età adulta, diventa importante diagnosticare precocemente tale disturbo. Studi genetici indicano che la causa del disturbo va ricercata in sottili alterazioni costituzionali di specifiche aree corticali deputate all’elaborazione degli stimoli visivi e linguistici collegati alla lettura.
Esiste variabilità nella scelta dei criteri per la determinazione del disturbo specifico di lettura che testimonia la difficoltà di trovare criteri omogenei e condivisi tra i vari ricercatori e ancor più tra i ricercatori e i clinici.
In Italia, è stato recentemente trovato un ampio consenso sia sui criteri diagnostici da applicare per la determinazione del disturbo, sia sulle procedure da utilizzare nell’indagine diagnostica, sia, infine, sul tipo di materiali da proporre come test validi: valutazione dell’abilità di lettura a livello di parole isolate, di non parole e di brano. Manca, tuttavia, uniformità di consenso nell’interpretazione dei risultati derivanti dalla somministrazione test. Questo perché l’abilità di lettura è un concetto astratto e latente che dipende da molteplici aspetti quali, ad esempio, la velocità e l’accuratezza. Recenti studi si sono focalizzati sull’analisi e sulla comparazione di questi due aspetti, al fine di identificare il migliore per la diagnosi della dislessia.
Recentemente, per superare il problema della scelta fra velocità e accuratezza di lettura, sono stati proposti indici compositi fuzzy che dipendono sia dalle performances ottenute nella velocità di lettura sia dalle performances ottenute nell’accuratezza (Morlini e Scorza, 2017). Essendo questi due aspetti correlati, la scelta di un indice che li consideri entrambi sembra essere più indicata per identificare in maniera corretta la presenza di DE.
Lo studio esamina 3932 studenti frequentanti un campione casuale di scuole elementari e medie in Emilia Romagna e Lombardia. La distribuzione degli studenti in ogni classe, a partire dalla seconda primaria, è riportata nella Tab. 1.
Tab 1: Distribuzione di frequenza dei soggetti per classe
Scuola elementare | Scuola Media | ||||||
Grado
N. studenti |
II | III | IV | V | VI | VII | VIII |
715 | 472 | 621 | 519 | 922 | 311 | 372 |
Ad ogni studente viene somministrata la Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia evolutiva. (Sartori, Job, Tressoldi, 1995) e vengono rilevati i seguenti indicatori:
X1: tempo (in secondi) nella lettura della lista di parole
X2: numero di errori nella lettura della lista di parole
X3: tempo (in secondi) nella lettura della lista di non parole
X4: numero di errori nella lettura della lista di non parole
Applicando il criterio attualmente utilizzato in Italia per la diagnosi della dislessia per cui risulta dislessico uno studente che ha un valore superiore al parametro soglia normativo in almeno due delle variabili rilevate, il 4.8% degli studenti risulta dislessico. Applicando il primo degli indici fuzzy proposti dagli autori, otteniamo la seguente distribuzione dei valori (Tab. 2):
Tab. 2: Distribuzione di frequenza dei valori assunti dall’indice fuzzy.
Valori | Frequenza relativa |
0.0 – 0.4 | 0.648 |
0.4 – 0.6 | 0.208 |
0.6 – 0.7 | 0.059 |
0.7 – 0.8 | 0.038 |
0.8 – 0.9 | 0.029 |
0.9 – 1.0 | 0.019 |
Tot | 1.000 |
L’indicatore composito fuzzy supera la rigida dicotomia della classificazione “dislessico”, “non-dislessico”. Analizzando i valori dell’indice possiamo dire che l’1.9% è assolutamente dislessico, il 2,9% può essere considerato ad alto rischio di dislessia e circa il 4% a medio rischio. Dai valori assunti dall’ indice possiamo inoltre individuare l’incidenza dei più abili nella lettura (il 64% circa) e la percentuale di lettori che non presentano né particolare abilità ne particolare inabilità (percentuale relativa ai valori dell’indice compresi tra 0,4 e 0,7).
I dati raccolti in questo studio mostrano l’utilità dell’utilizzo del nuovo indicatore composito. L’indice dà la possibilità di utilizzare congiuntamente tutti gli aspetti legati all’abilità di lettura (sia la velocita, misurata in tempo di lettura, sia l’accuratezza, misurata in numero di errori). Inoltre, la natura fuzzy dell’indice permette di avere una classificazione sfocata che considera i diversi livelli di gravità della dislessia ed anche i diversi livelli di abilità nella lettura e non segue la suddivisione rigida fra “patologia presente” e “patologia assente”.
Bibliografia Essenziale
Consensus Conference (2007)
I Disturbi Evolutivi Specifici dell’Apprendimento: raccomandazioni per la pratica clinica
definite con il metodo della Consensus Conference, Circolo della Stampa, Milano 26 gennaio 2007.
Morlini I. & Scorza M. (2017)
New fuzzy composite indicators for dyslexia. Proceedings of SIS 2017 Statistics and Data Science, New Challenge, New Generations, Firenze Univeristy Press, Firenze, pp. 713-718. Ebook (ISBN 78-88-6453-521-0).
Sartori G., Job R., Tressoldi P.M. (1995)
Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia evolutiva.
Organizzazioni speciali, Firenze.