assegnista di ricerca
Il monitoraggio e l’analisi del rischio sistemico sono estremamente problematici a causa
dell’elevato numero di dimensioni e variabili da considerare: è altresì vero che gli istituti
finanziari sono sicuramente da annoverare tra i principali portatori di rischio sistemico,
ragion per cui, specie a partire dalla crisi del 2008, sono state sviluppate politiche volte alla
regolamentazione degli istituti di credito. Il fine ultimo di tali strategie cosiddette macro-
prudenziali si può riassumere in due punti: da un lato minimizzare il rischio di nuove e
drammatiche crisi finanziarie mediante la supervisione dei singoli istituti; dall’altro mitigarne
gli effetti in caso esse si verifichino, mediante il monitoraggio dei canali di contagio tra i
diversi settori economici e i vari Paesi. Uno degli strumenti recentemente introdotti
nell’Unione Europea è il Single Resolution Mechanism (SRM), diventato ufficialmente
operativo nel Gennaio 2016 in tutti i 19 Paesi dell’Eurozona. Fino a quella data, infatti, le
autorità di vigilanza avevano l’opportunità di attuare il “salvataggio di stato” delle banche
(bail-out pubblico), pratica effettivamente messa in atto da numerosi governi ma che, per sua
stessa natura, comporta un costo elevato per i contribuenti, nonché ulteriori conseguenze
negative tra cui il circolo vizioso di trasmissione del rischio tra Stati e sistemi bancari, la
crescita di banche too-big-to-fail e problemi di moral hazard (rischio morale). Il nuovo
meccanismo previsto dal SRM, invece, contiene una serie di strumenti che vietano di ricorrere
a fondi pubblici, ma che invece impongono alle singole banche il salvataggio interno (bail-in):
con esso si intende che, in caso di dissesto di un istituto finanziario e secondo una precisa
scala gerarchica, devono essere posti a copertura delle perdite i crediti acquistati da azionisti,
obbligazionisti e, in ultima battuta, dai correntisti. Secondo l’articolo 32 della suddetta nuova
regolamentazione, tuttavia, una tale operazione di bail-in può essere portata a termine solo se
alcune condizioni preliminari sono verificate, nello specifico: (a) la banca è stata identificata
come in procinto di fallire; (b) non sono possibili interventi privati o correttivi al fine di
prevenirne il fallimento; (c) una risoluzione di bail-in è necessaria nell’interesse pubblico. In
sostanza, nei Paesi dell’Eurozona si dovrà procedere al salvataggio delle banche mediante
garanzia interna quando un salvataggio esterno da parte di privati non è possibile e,
contestualmente, non sono comprovate circostanze eccezionali che rendano ammissibile un
intervento pubblico.
In un recente studio ci si è interrogati sulle conseguenze derivanti dall’introduzione di tale
normativa: in particolare, ipotizzando due alternative (bail-out privato e bail-in) ci siamo
chiesti quali conseguenze comportino in termini di rischio sistemico e, conseguentemente,
quale delle due debba essere preferibile in termini di minimizzazione degli effetti contagio sia
per le singole banche, sia per il sistema bancario nel suo complesso. I risultati di alcune
simulazioni hanno rivelato che il vantaggio di un bail-out privato rispetto ad un bail-in
dipende sostanzialmente da due fattori: le probabilità di fallimento e le dimensioni sia delle
banche sane sia della banca in difficoltà; la struttura delle correlazioni tra le banche sane e la
banca vicina al default, e tra le banche sane stesse. Nello specifico, più le banche sane del
sistema sono piccole e solide, maggiore è il vantaggio del bail-out privato della banca in
difficoltà; tale vantaggio, inoltre, aumenta al crescere delle correlazioni tra banche.
Prendendo poi spunto da quanto accaduto in Italia nel contesto del salvataggio di MPS
mediante l’istituzione dell’equity fund Atlante (a cui hanno preso parte numerose banche
Italiane), è stata derivata la probabilità di fallimento dei singoli istituti di credito e del sistema
bancario Italiano nella sua interezza sia in caso di bail-in sia in caso di bail-out privato. Dai
risultati ottenuti si è potuto concludere che le banche più grandi (Intesa e Unicredit) sono
essenzialmente neutrali rispetto alla scelta di uno dei due scenari; le banche più piccole,
invece, trarrebbero vantaggio da un bail-out privato solo se MPS, una volta “salvata”, non
peggiorasse le proprie performance. Dal punto di vista del sistema bancario Italiano in una
prospettiva di lungo termine, invece, le simulazioni rivelano che il bail-out privato di MPS è
sempre preferibile rispetto allo scenario di bail-in: tale conclusione deriva dal fatto che lo
shock che il fallimento di MPS provocherebbe all’interno del sistema avrebbe conseguenze
drammatiche, perché comporterebbe con una probabilità significativamente diversa da zero
un effetto cascata che intaccherebbe la maggior parte degli istituti di credito Italiani.