Dalla disuguaglianza di reddito alla disuguaglianza di benessere

Pasquale De Muro

Università degli Studi Roma Tre

Il tema della disuguaglianza è tornato alla ribalta negli ultimi anni, grazie soprattutto agli effetti della Grande Recessione iniziata nel 2007-2008. Tuttavia, già in precedenza si era ricominciato a discutere del tema in relazione agli effetti dell’ultima ondata di globalizzazione, dopo che per diverso tempo la disuguaglianza non appariva più nei titoli delle news, benché molti studiosi non abbiano mai smesso di occuparsene.

 

In realtà, il tema della distribuzione del reddito è stato al cuore dell’economia politica classica sin dai suoi esordi, mentre successivamente nell’economia marginalista, affermatasi poi come egemonica fino ad oggi, era diventato un argomento secondario, soppiantato dal problema dell’allocazione delle risorse. Dunque, l’attuale attenzione alla disuguaglianza appare come un ritorno a un tema caro agli economisti classici.

 

È interessante notare che questo ritorno coincide largamente con un altro, quello del benessere. Anche quest’ultimo tema ha una lunga tradizione, e ha avuto di nuovo molta attenzione negli ultimi dieci anni, soprattutto nel dibattito e nella ricerca su indicatori che potessero aggiustare, affiancare o sostituire il PIL come misure di benessere.

 

La disuguaglianza ha avuto maggior attenzione e risonanza nel mondo anglosassone, soprattutto negli USA ai massimi livelli istituzionali, mentre in Europa e in Italia non c’è stato un dibattito politico e scientifico altrettanto ampio e vivace. Nel nostro paese, in particolare, le principali discussioni economiche restano schiacciate sui problemi degli equilibri macroeconomici e in parte sull’assenza di crescita. La situazione si capovolge quando invece parliamo di benessere. Infatti, su questo tema è stata l’Europa il centro del dibattito, prima con la grande conferenza “Beyond GDP” del 2007 organizzata dal Parlamento Europeo con altre istituzioni e poi con il cosiddetto Rapporto Stiglitz-Sen-Fitoussi commissionato nel 2009 dall’allora presidente francese Sarkozy. Anche l’Italia, con la sua iniziativa sul BES dell’ISTAT ha mostrato di essere in prima linea nella ricerca di misure che vadano oltre il PIL. Al contrario, il tema del benessere e delle possibili alternative al PIL non ha (ancora) fatto breccia negli USA, che rimangono saldamente ancorati agli indicatori monetari tradizionali.

 

Esiste anche un’altra differenza sostanziale tra il ritorno dell’attenzione sulla disuguaglianza e quella sul benessere. Difatti, mentre il dibattito sulla disuguaglianza, a parte alcuni aspetti metodologici, resta largamente fondato sulle variabili reddito e ricchezza monetari, così come era agli albori dell’economia politica, la letteratura recente sul benessere è caratterizzato da una importante innovazione teorica, ossia il passaggio da una visione unidimensionale e monetaria – che prima era fondata sul PIL e sul reddito personale – a una visione multidimensionale del benessere, che non si limita alla dimensione del reddito o della ricchezza, ma include diverse dimensioni non monetarie, anche soggettive.

 

In effetti, il dibattito attuale sulla disuguaglianza – a differenza di quello sul benessere – identifica largamente la disuguaglianza con la distribuzione del reddito o della ricchezza, sia personale sia funzionale, mettendo in secondo piano o spesso addirittura trascurando le disuguaglianze economiche non monetarie. In pratica, nel dibattito politico e scientifico sulla disuguaglianza ci si limita quasi sempre a citare misure come l’indice del Gini del reddito o della ricchezza o i rapporti tra percentili delle stesse variabili. Perfino nel BES, l’unico riferimento alla disuguaglianza riguarda il reddito.

 

Questa divaricazione tra approccio multidimensionale al benessere e approccio unidimensionale e monetario alla disuguaglianza segnalano un ritardo del dibattito su entrambi i fronti e suggeriscono la necessità di un ripensamento e di una ricomposizione. Non ha senso pensare al benessere in molte dimensioni senza parallelamente pensare alla disuguaglianza nelle stesse dimensioni. Come ha indicato Amartya Sen già dagli anni Novanta, la disuguaglianza riguarda la molteplicità degli aspetti della vita delle persone e delle loro opportunità. Limitarsi allo spazio monetario del reddito può condurre a sottovalutare iniquità e ingiustizie che non necessariamente si esprimono direttamente in termini di ricchezza o che non si riflettono né automaticamente né proporzionalmente sulle misure di disuguaglianza di reddito. Sebbene una iniqua distribuzione del reddito e della ricchezza sia una grave ingiustizia economica, che può avere conseguente molto negative sia sulla coesione sociale sia sulla crescita nel lungo periodo, le iniquità che possiamo osservare in altre dimensioni di benessere (lavoro, salute, istruzione, …) possono essere altrettanto o più gravi e non sono determinate soltanto dalla distribuzione del reddito. Un esempio lampante sono le disuguaglianze tra uomini e donne nei tassi di attività, di occupazione e di disoccupazione, proprio in Italia e soprattutto nelle regioni meridionali.

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