Assistenza informale agli anziani e stato di salute dei caregiver in Italia

Elisa Cisotto 1 , Giulia Cavrini 1 , Alessandra De Rose 2
1 Libera Università di Bolzano.
2 Sapienza Università di Roma.

Con l’aumento della longevità, nelle società occidentali un numero crescente di persone
sopravvive in età avanzata, aumentando la probabilità che i figli adulti si trovino ad affrontare il
bisogno di assistenza di genitori o suoceri anziani. Inoltre, a partire dagli anni Duemila,
numerosi Paesi europei hanno favorito l’assistenza domiciliare rispetto a quella istituzionalizzata
(Colombo et al. 2011), determinando una crescente responsabilità famigliare nel fornire
assistenza informale a parenti anziani o malati. Tuttavia, con il progressivo invecchiamento
demografico, si prevede una diminuzione nel tempo del numero di persone in età lavorativa in
grado di sostenere economicamente e nell’assistenza coloro che necessitano di cure.
Per comprendere le dinamiche tra i figli adulti e i loro genitori, esaminando il possibile ruolo dei
primi come caregiver (ovvero fornitori di assistenza famigliare) per i secondi, possiamo attingere
al "modello di solidarietà intergenerazionale" di Bengtson (1975). Tale modello identifica sei
dimensioni della solidarietà intergenerazionale che influenzano la probabilità che un figlio
fornisca supporto a un genitore e viceversa. La solidarietà normativa, basata sul senso di
reciproco obbligo come norma familiare, svolge un ruolo cruciale nell’orientare il sostegno ai
genitori anziani. L’evoluzione di questo modello comprende l’estensione alle relazioni con i
suoceri, nonché il riconoscimento dei conflitti ed emozioni negative che possono derivare da un
coinvolgimento familiare eccessivo (Luescher e Pillemer 1998). Infine, numerose ricerche
scientifiche evidenziano potenziali impatti negativi dell’assistenza informale (o caregiving) sulla
salute del caregiver, con conseguenze che si accentuano all’aumentare dell’intensità delle cure
(ad esempio, Houtven et al. 2019). In relazione a questo aspetto, lo studio 1 qui presentato si
propone di valutare la relazione tra l’assistenza informale e gli esiti negativi sulla salute dei
caregiver in Italia. In particolare, ci proponiamo di: i) determinare la prevalenza dell’assistenza
agli anziani, ii) esaminare la correlazione tra assistenza informale e stato di salute percepito dei
caregiver, e III) valutare come questa correlazione possa essere influenzata da fattori come il
genere e la condizione occupazione del caregiver, nonché dall’intensità dell’assistenza fornita.
Per raggiungere gli obiettivi indicati, sono stati analizzati i dati dell’indagine 2016 su Famiglie,
soggetti sociali e ciclo di vita (FSS) condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica. L’analisi si è
concentrata sulle persone di età compresa tra i 35 e i 64 anni potenziali fornitori di cure a
genitori o suoceri anziani. Il campione include 9.757 intervistati con almeno un genitore/suocero
in vita e informazioni valide sullo stato di salute percepito. La ricerca definisce caregiver gli
individui che offrono assistenza non retribuita a familiari con necessità di supporto, esplorando

1 Il progetto è supportato da fondi Next Generation EU, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,
Investimento PE8 – Progetto Age-It: "Invecchiare bene in una società che invecchia" [DM 1557 dell’11.10.2022]. I
punti di vista e le opinioni espressi sono solo quelli degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell’Unione
europea o della Commissione europea.

la frequenza delle attività di cura, la sua intensità, le dinamiche di genere e la correlazione con
lo stato di salute percepito e la condizione occupazionale del caregiver.
I primi risultati indicano che circa il 13% del campione oggetto di studio è coinvolto in attività di
cura (Tabella 1). Tra i caregiver, più del 25% risiede con i destinatari delle cure, circa il 3%
riporta un doppio carico di cura, ovvero fornisce assistenza a più di una persona, e le donne
sono numericamente superiori agli uomini. Inoltre, è rilevante notare che, sempre tra i
caregiver, circa un terzo fornisce cure ad alta intensità, definite come oltre 20 ore settimanali di
tempo dedicato. È significativo il fatto che una percentuale maggiore di caregiver (26%) riporta
condizioni di salute percepita peggiori rispetto a coloro che non svolgono attività di caregiving
(19%).

 

 

L’esame più approfondito con modelli statistica inferenziale rivela che l’impegno nelle attività di
cura informale è collegato a esiti di salute percepita meno favorevoli. Nel dettaglio, le donne
coinvolte in queste attività vedono una diminuzione di 6 punti percentuali nella probabilità di
segnalare uno stato di salute positivo rispetto a quelle che non svolgono attività di cura, mentre
per gli uomini questa riduzione è di 5 punti. In particolare, tra le donne, fornire assistenza ad
alta intensità (oltre 20 ore settimanali) è associato a una diminuzione di 9 punti percentuali
nella probabilità di goderne una buona, mentre per gli uomini, l’assistenza a bassa intensità
comporta una riduzione di 6 punti.
I risultati differenziati per condizione occupazionale del caregiver forniscono una prospettiva più
dettagliata. Tra coloro che non sono attivi sul mercato del lavoro, l’assistenza a genitori o
suoceri non sembra associarsi a peggiori esiti di salute. Al contrario, per coloro attivi nel
mercato del lavoro o potenzialmente tali, come i disoccupati, l’associazione negativa e
significativa persiste. Questi risultati rimangono coerenti anche quando consideriamo l’intensità
dell’assistenza. Nel caso delle donne, fornire assistenza intensiva è associato a una riduzione di
10 punti percentuali nella probabilità di percepire la propria salute come buona o molto buona,
il doppio della riduzione osservata per chi fornisce cure meno intense (riduzione di 5 punti
percentuali).
Questi primi risultati evidenziano l’importanza di prestare maggiore attenzione alle sfide uniche
affrontate dalle donne, che ricoprono principalmente ruoli di assistenza primaria, e da coloro

che gestiscono il bilanciamento quotidiano tra lavoro e attività di cura e assistenza. Affrontare
queste dinamiche specifiche legate al genere e all’occupazione è cruciale per garantire un
supporto efficace ai caregiver e promuovere risultati di salute migliori per tutte e tutti.

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